È convinzione diffusa che le biomasse legnose rappresentino una fonte energetica
economicamente conveniente , un’ alternativa sostenibile alle fonti fossili,

ma non è sempre vero. Numerosi studi hanno dimostrato l’inefficienza energetica e il considerevole impatto ambientale delle biomasse legnose.

La combustione del legno produce più CO2 , per unità energetica , delle energie fossili (gas,petrolio,carbone), come confermato da uno studio del centro di ricerca della Commissione Europea (JRC, 2021).
Secondo una stima di Forest Defender le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di biomassa legnosa nell’UE superano i 400 milioni di tonnellate l’anno, pari al totale delle emissioni di CO2 dell’Italia.
L’Italia ,secondo Green Impact ,è nell’UE il più grande importatore di biomassa forestale per la produzione di energia e tra i primi tre importatori di pellet, che proviene anche da stati extra UE. Nel 2020 il 47% della biomassa bruciata è stata utilizzata per il riscaldamento residenziale e di servizi commerciali, 30% nel settore energetico e il 22% nel settore industriale. Fra le rinnovabili europee la biomassa rappresenta il 60% e ben la metà è costituita dalla biomassa legnosa, originata in gran parte da tagli di foreste, anche vetuste, in Europa e in Stati extra UE. La biomassa forestale viene tuttavia ritenuta rinnovabile e pulita, ma bisogna considerare che la produzione prevede distruzione di habitat, perdita di specie animali e vegetali e non solo.
Non è rinnovabile su scala temporale accettabile ,poiché il tempo necessario alla ricrescita dei boschi si misura in decenni.
Il taglio di alberi comporta inoltre dissesto idrogeologico, diminuzione della resilienza climatica, danno alla salute costituendo un costo aggiuntivo per i Servizi Sanitari.
La combustione domestica della legna è tuttavia percepita come una pratica antica, tradizionale, naturale e quindi innocua , ma è ormai accertato che essa ha un impatto non trascurabile sull’inquinamento atmosferico nelle nostre città e paesi , oltre che sull’inquinamento indoor ( fra le pareti domestiche,dove si riscalda e si cucina). Poichè gli impianti per uso domestico sono privi di sistemi di abbattimento dei fumi, l’incremento del loro uso pone per gli anni a venire un problema di qualità dell’aria e di impatto sulla salute.
La combustione non ottimale della legna genera l’emissione di particolato PM10 e PM 2,5 ed ultrafine, di idrocarburi policiclici ( benzopirene), oltre a metalli pesanti e diossine , pericolosi per la salute.
Il massimo dell’inquinamento si realizza per l’uso di caminetti aperti, stufe ormai vecchie e di scarsa efficienza energetica, per una cattiva manutenzione e per la bassa qualità del combustibile; per non parlare dell’incenerimento domestico dei rifiuti, una pratica ancora diffusa e pericolosa, ,nonché vietata .
Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale ) ha lanciato in questi giorni l’allarme inquinamento : «Stufe, camini, legna e pellet determinano una crescita dei livelli di inquinamento atmosferico, con danni sul fronte della qualità dell’aria anche all’interno delle case e ripercussioni sulla salute pubblica. Per ogni Giga Joule bruciato, un caminetto aperto rilascia nell’atmosfera 860 grammi di PM10; poco meno della metà una stufa a legna (480 grammi), mentre il caminetto chiuso ne emette 380 grammi. Una stufa a pellet rilascia in media 76 grammi di PM10 per ogni Giga Joule bruciato, numeri nettamente superiori al gasolio (5 grammi) e al metano (0,2 grammi).
Il maggior ricorso a stufe e camini provocherà il prossimo inverno un proporzionale incremento delle polveri sottili immesse in atmosfera, con ripercussioni sia sull’inquinamento dell’aria indoor che outdoor e sulla salute pubblica, con effetti indiretti negativi sulla spesa sanitaria nazionale» .
Anche in Trentino desta preoccupazione l’arrivo della stagione fredda e il conseguente aumento degli inquinanti aerei legato ad un utilizzo massiccio delle stufe a legna legato al rincaro del prezzo di gas ed elettricità.
L’Agenzia Provinciale per la Protezione Ambientale (Appa)nel 2019 ha stimato che circa l’80% delle emissioni primarie di polveri sottili PM 10 in Trentino è dovuto alla combustione della legna a livello domestico, che è responsabile anche del 99% del benzopirene , cancerogeno, emesso.
Il Trentino aderisce già da qualche anno al progetto europeo PrepAIR con la campagna di comunicazione “Brucia bene la legna. Non bruciarti la salute”, per informare i cittadini e fornire indicazion sui comportamenti corretti da adottare nell’utilizzo della legna per il riscaldamento.
La Commissione Ambiente dell’OMCeO di Tn, in una lettera inviata ad Appa , all’Assessore alla Sanità e al Dipartimento di Prevenzione Apss ha espresso preoccupazione per il possibile peggioramento della qualità dell’aria in Trentino, dovuto anche al probabile uso ed abuso di legna o altri combustibili. Preoccupazione tanto più fondata dato che con questo clima anomalo la concentrazione di polveri e ossidi di azoto risultava già elevata. La Commissione Europea ha proposto a fine ottobre di abbassare il valore limite annuale di uno degli inquinanti più nocivi, il particolato PM 2,5, dagli attuali 25 a 10 microgrammi per metro cubo, con l’obiettivo di ridurre del 75 % la mortalità ad esso legata entro il 2030. Attualmente 300.000 persone all’anno muoiono in Europa per patologie (neoplasie, ictus, cardiopatie) legate all’inquinamento dell’aria. La combustione delle biomasse legnose è responsabile ogni anno in Italia, per il solo PM 2,5 di oltre 20.000 morti premature.
Dunque considerare il legname come una fonte di energia sempre pulita e sempre rinnovabile non è corretto . Bisogna superare “l’ amore” acritico che abbiamo verso la combustione della legna , ricordando che “dove c’è fuoco c’è fumo”’ (European Environmental Bureau ).